MEMORANDUM SUL TEST DEL CONGEGNO DI IMPLOSIONE

16 Febbraio 1944

Nota degli Autori

La ragione per cui nell'autunno 1946 fu compilato questo resoconto è da ricercarsi nel fatto che nessuno dei rapporti dettagliati sul "Progetto Plutonio" narrava come era avvenuta la prima reazione nucleare a catena autosostenentesi. Questo resoconto, pur essendo stato preparato per un comunicato stampa del Manhattan Engineer District, ovvero per scopi giornalistici e non scientifici, contiene notizie fondamentali per la storia di quell'importantissimo evento.

Abbiamo pensato che l'esperimento che fu portato a termine con successo il 2 dicembre 1942 dovesse essere descritto mentre era ancora vivo nella mente di coloro che vi presero parte. Questo resoconto è stato ricostruito attraverso i ricordi personali di più di una dozzina dei quarantadue scienziati presenti nel campo di "squash" dello Stagg Field il 2 dicembre. Un'altra preziosa fonte di informazioni è stato il nastro cartaceo sul quale venne registrato l'andamento del flusso neutronico all'interno della prima "pila".

La lista di coloro che erano presenti è stata tratta dall'etichetta di un fiasco di Chianti che il Dr. E.P. Wigner aveva portato per brindare alla riuscita dell'esperimento; la maggior parte dei presenti aveva firmato l'etichetta del fiasco, che fu dato al Dr. A. Wattenberg come ricordo. Questa fu la sola testimonianza scritta di chi aveva preso parte all'esperimento. A ciascuno degli scienziati che avevano firmato l'etichetta fu chiesto di ricordare chi altro era presente, e la lista di quarantadue nomi, che ne risultò fu giudicata completa.

I due disegni della prima pila furono eseguiti da Melvin A. Miller del Laboratorio Nazionale di Argonne, nell'autunno del 1946; essi sono basati sulle descrizioni che i suoi costruttori fornirono a Miller. Desideriamo ringraziare i Dottori H.L. Anderson, A.H. Compton, E. Fermi, N. Hilberry. H.V. Lichtenberg. L.W. Marshall, RG. Noble, W.J. Sturm, A. Wattenberg e W.H. Zinn per l'aiuto fornitoci; va ascritto a loro merito se il resoconto da noi compilato è degno dell'avvenimento del 2 dicembre; le eventuali inesattezze od omissioni sono invece tutte nostre (17 novembre 1949).

Nel luglio del 1941 ebbero inizio gli esperimenti con l'uranio, al fine di ottenere le misure del fattore di riproduzione, chiamato k, che costituiva la chiave del problema della reazione a catena; se questo fattore poteva essere reso superiore ad 1, una reazione a catena poteva avvenire in una massa di materiale di dimensioni critiche; se fosse rimasto   inferiore ad 1 la reazione a catena sarebbe stata un sogno irrealizzabile.

Poiché impurità nell'uranio e nel moderatore avrebbero catturato neutroni e li avrebbero resi inutilizzabili per ulteriori reazioni, e poiché i neutroni sarebbero scappati dalla pila senza incontrare gli atomi di U235, non si sapeva se si sarebbe mai potuto ottenere per k un valore maggiore dell'unità. Fortuna volle che il realizzare un fattore maggiore di 1 fosse un problema complesso e difficile; se gli scienziati di Hitler avessero scoperto il modo di controllare i neutroni ed avessero ottenuto un valore di k tale da permettere la reazione a catena, essi sarebbero stati sulla buona via per dotare il regime nazista della bomba atomica.

Uno dei primi problemi da risolvere era quello del miglior modo di disporre l'uranio nel reattore; Fermi e Szilard suggerirono di sistemare l'uranio in una matrice di materiale moderatore formando un reticolo cubico di uranio; questa sistemazione sembrava la più adatta a favorire l'incontro di un neutrone con un atomo di uranio. Di tutti i materiali che possedevano le proprietà moderatrici necessarie, la grafite era il solo che si potesse ottenere in quantità sufficiente col grado di purezza desiderato. Lo studio sui reattori a reticolo uranio-grafite fu iniziato a Columbia nei luglio del 1941, ma fu dopo la riorganizzazione del progetto uranio, avvenuta nel dicembre del 1941, che Arthur H. Compton venne incaricato di questa fase del lavoro sotto la direzione dell'Ufficio di Ricerca Scientifica e Tecnica, e fu deciso che il programma relativo avrebbe dovuto svolgersi presso l'Università di Chicago. Di conseguenza, all'inizio del 1942 i gruppi di Columbia e Princeton furono trasferiti a Chicago, ove era stato impiantato il Laboratorio Metallurgico.

Il gruppo sperimentale di fisici nucleari, diretto da Fermi, si preoccupava soprattutto di riuscire ad ottenere una reazione a catena; la Divisione di chimica, organizzata da F.H. Spedding (più tardi diretta a turno da S.K. Allison, J. Franck, W.C. Johnson e T. Hogness), si occupava della chimica del plutonio e dei metodi di separazione, mentre il gruppo teorico, diretto da E.P Wigner, si occupava della progettazione di pile di produzione. Comunque, i problemi venivano ad intrecciarsi e lo studio dei vari aspetti scientifici e tecnici del processo di fissione veniva affidato ai gruppi meglio attrezzati per un determinato compito. A Chicago il lavoro sulle pile di dimensioni subcritiche continuò. Nel luglio 1942, i dati ottenuti grazie a queste pile sperimentali erano tanto progrediti da permettere di scegliere il progetto di una pila di prova di dimensioni critiche.

A quel tempo, le matrici di stampaggio degli ossidi d'uranio erano progettate da Zinn e fabbricate dietro suo ordine; ciò aveva un'importanza essenziale, poiché l'intera costruzione della pila dipendeva dalla forma e dalla dimensione dei pezzi di uranio. Era necessario usare uranio sotto forma di ossido perché non esisteva uranio metallico avente il grado di purezza desiderato; sebbene parecchi fabbricanti avessero tentato di produrlo, non fu che a novembre che si poté averne a disposizione una considerevole quantità. A metà novembre la Westinghouse Electric Manufacturing Company, la Metal Hidrides Company e F.H. Spedding, che lavorava presso lo Iowa State College ad Ames (Iowa), avevano già consegnato diverse tonnellate di metallo purissimo che era stato posto nella pila, il più vicino possibile al centro. Il programma per l'approvvigionamento del materiale moderatore e degli ossidi di uranio era diretto da Norman Hilberry; R.L. Doan dirigeva il programma di approvvigionamento di uranio metallico puro.

Sebbene le matrici per stampare gli ossidi d'uranio fossero state progettate in luglio, fu necessario compiere ulteriori misurazioni per ottenere adeguate informazioni sul controllo della reazione, per rivedere le stime sulla dimensione critica finale della pila e per sviluppare altri dati. Prima che la pila definitiva potesse essere completata furono costruite ben trenta pile sperimentali subcritiche.
Nel frattempo, a Washington, Vannevar Bush, direttore dell'Ufficio di Ricerca Scientifica e Tecnica, aveva raccomandato al Presidente Roosevelt che fosse istituita, nell'ambito dell'Esercito, una speciale organizzazione tecnica del genio militare che assumesse la piena responsabilità dello sviluppo del programma relativo alla bomba atomica. Nel corso dell'estate venne creato il Manhattan Engineer District e, nel settembre 1942, il maggiore generale L.R. Groves ne assunse il comando.

La costruzione della pila principale a Chicago cominciò in novembre; l'esecuzione del progetto iniziò con la lavorazione dei blocchi di grafite, con la produzione di pastiglie di ossido di uranio e con la progettazione degli strumenti. I due gruppi di Fermi dedicati alla costruzione, l'uno diretto da Zinn e l'altro da Anderson, lavoravano quasi giorno e notte; W.C. Wilson dirigeva il lavoro concernente la strumentazione. Le stime originarie nei riguardi delle dimensioni critiche della pila erano pessimistiche; come ulteriore precauzione si decise di racchiudere la pila in un involucro per pallone aerostatico entro il quale potesse essere fatto il vuoto, onde evitare la cattura dei neutroni da parte dell'aria. Questo involucro venne costruito dalla Goodyear Tire and Rubber Company; esperti nella progettazione di involucri per aeromobili più leggeri dell'aria nutrirono dei dubbi sulla aerodinamicità di un involucro quadrato; d'altra parte, norme di sicurezza vietavano di far sapere alla Goodyear lo scopo a cui sarebbe servito l'involucro, e così il nuovo pallone quadrato dell'Esercito fu oggetto di molti frizzi.

L'involucro venne appeso al soffitto lasciando un lato aperto; al centro del pavimento fu posto uno strato circolare di mattoni di grafite; sia questo che ogni successivo strato della pila fu circondato con una cornice di legno; strati alterni contenevano l'uranio. Con siffatta struttura si formò una pila di uranio e grafite di forma quasi sferica.
Gli impianti per la lavorazione dei mattoni di grafite furono installati nel settore occidentale; per settimane questa officina produsse mattoni di grafite. Questo lavoro fu compiuto, sotto la direzione del gruppo di Zinn, da meccanici provetti diretti dallo specialista August Knuth. In ottobre Anderson ed i suoi collaboratori si unirono agli uomini di Zinn.
Nel descrivere questa fase di lavoro, Albert Wattenberg, membro del gruppo di Zinn, disse: "Abbiamo capito quello che provano i minatori delle miniere di carbone; dopo otto ore di lavorazione della grafite sembravamo truccati per una rappresentazione di negri; una prima doccia non riusciva a togliere che la superficie dello strato di polvere di grafite che si era formato; circa mezz'ora dopo la prima doccia, la polvere accumulatasi nei pori della pelle cominciava ad affiorare. Camminare per la stanza dove tagliavano la grafite era come camminare su un pavimento preparato per ballare: la grafite, come sapete, è un lubrificante secco ed il pavimento di cemento, coperto di polvere di grafite, era estremamente sdrucciolevole".
Prima che la struttura della pila fosse per metà terminata, le misurazioni indicavano che la dimensione critica con cui la pila avrebbe potuto autosostenersi era inferiore a quanto era stato previsto nel progetto. Un giorno dopo l'altro, la pila progrediva verso la sua forma definitiva e man mano che essa andava completandosi cresceva la tensione nervosa degli uomini che vi lavoravano. Logicamente e scientificamente essi sapevano che questa pila avrebbe dovuto autosostenersi; tutti i dati lo indicavano. Ma bisognava dimostrarlo coi fatti. Con l'avvicinarsi del momento ansiosamente atteso, gli scienziati dedicarono sempre maggiore attenzione ai dettagli, alla accuratezza delle misurazioni e all'esattezza del lavoro di costruzione. Chi guidava il progetto e l'intera costruzione della pila era la vivace intelligenza di Fermi, che i suoi collaboratori hanno descritto come "completamente fiducioso in sé stesso, ma assolutamente privo di presunzione".

I calcoli di Fermi, basati sulle misurazioni prese sulla pila parzialmente finita, erano cosi esatti che, già nei giorni precedenti il suo completamento e la dimostrazione del 2 dicembre, egli era quasi in grado di precisare il punto esatto in cui il reattore si sarebbe autosostenuto. Ma, malgrado tutta la loro cura e la loro fiducia, ben pochi nel gruppo sapevano quali alte poste erano state giuocate sul loro successo. A Washington il Manhattan District era andato avanti nei negoziati con la E.I. Du Pont de Nemours & Company per la progettazione, la costruzione e l'esercizio di un impianto basato sui principi della pila di Chicago, allora non ancora sperimentata: gli stabilimenti della Handford Engineer a Pasco, Washington, costati 350 milioni di dollari, dovevano esserne il risultato. A Chicago, nel primo pomeriggio del 1° dicembre, le prove indicavano che la dimensione critica si stava rapidamente avvicinando; alle 16 il gruppo di Zinn fu sostituito dagli uomini che lavoravano con Anderson; poco dopo l'ultimo strato di blocchi di grafite e di uranio fu posto sulla pila. Zinn, che doveva rimanere sul posto, e Anderson fecero diverse misurazioni sull'attività all'interno della pila. Essi erano sicuri che, una volta estratte le barre di controllo, la pila si sarebbe autosostenuta. Entrambi, comunque, furono d'accordo sul fatto che non avrebbero iniziato il funzionamento della pila fino a che Fermi e gli altri del gruppo non fossero stati presenti. Di conseguenza, le barre di controllo furono bloccate e ogni altro lavoro fu rimandato al giorno seguente.

Quella sera gli uomini che avevano lavorato alla pila si erano passati parola che l'esperimento avrebbe avuto luogo il mattino seguente. Alle 8 e 30 circa del mattino di mercoledì 2 dicembre il gruppo cominciò a riunirsi nello "squash court". All'estremità nord vi era un balcone alto circa tre metri sopra il pavimento del locale: Fermi, Zinn, Anderson e Compton si raggrupparono intorno agli strumenti all'estremità est del balcone; gli altri osservatori affollarono il piccolo balcone. R.G. Nobles, uno dei giovani scienziati che avevano lavorato alla pila, si espresse così: "La cabina di controllo era circondata dai "grossi calibri", i "piccoli calibri" rimanevano un po' indietro".

Nel locale, proprio sotto il balcone, c'era George Weil, che aveva il compito di azionare l'ultima barra di controllo. Nella pila vi erano tre dispositivi di controllo: un primo dispositivo era costituito da barre automatiche, che potevano essere controllate dal balcone; un secondo era costituito da una barra di sicurezza da usare in caso di emergenza; attaccata ad un'estremità di questa vi era una fune che correva lungo tutta la pila e portava un grosso peso all'estremità opposta; la barra venne estratta dalla pila e legata al balcone con un'altra fune; Hilberry era pronto a tagliare questa fune con un'ascia nel caso che accadesse qualcosa di inaspettato, o nel caso che le barre automatiche di sicurezza non funzionassero; il terzo dispositivo, la barra manovrata da Weil, manteneva realmente sotto controllo la reazione fino a quando non fosse ritirata nella misura opportuna.

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Poiché questo esperimento era nuovo e diverso da tutto quanto era mai stato fatto prima, non si fece completo affidamento sulle barre di controllo manovrate meccanicamente; sulla piattaforma sovrastante la pila vi era una "squadra di controllo del liquido", composta da Harold Lichtenberger, W. Nyer e A.C. Graves: essi erano pronti ad inondare la pila con una soluzione di sale di cadmio nel caso di mancato funzionamento delle barre di controllo. Ciascun gruppo provò la prima parte dell'esperimento.

Alle 9:45 Fermi ordinò che si estraessero le barre di controllo manovrate elettricamente. L'operatore addetto al controllo manovrò l'interruttore e si udì funzionare un piccolo motore; tutti gli occhi erano rivolti alle luci che indicavano la posizione delle barre. Immediatamente il gruppo che era sul balcone si volse a guardare i contatori il cui ticchettio era aumentato in seguito all'estrazione delle barre; gli indicatori di questi contatori assomigliavano ad orologi, le cui lancette indicavano il conteggio dei neutroni; accanto ad essi c'era un registratore, il cui indice tremolante tracciava l'attività dei neutroni all'interno della pila. Poco dopo le 10 Fermi ordinò che la barra di emergenza chiamata "zip" fosse estratta e legata: "Zip fuori" disse.  Zinn ritirò "zip" e la legò alla ringhiera del balcone. Weil stava pronto alla barra di controllo "vernier" che era graduata per indicare il numero di piedi e di pollici che rimanevano all'interno della pila.

Alle 10 e 30 Fermi, senza togliere gli occhi dagli strumenti, disse tranquillamente: "Tirala fino a 13 piedi, George". Il ticchettio dei contatori divenne più rapido e l'indice del diagramma salì: furono studiati tutti gli strumenti e fatti i calcoli. "Non ci siamo" disse Fermi "il tracciato arriverà fino a questo punto e si arresterà a questo livello". Egli indicava un punto nel diagramma. In pochi minuti l'indice arrivò fino al punto indicato e non salì oltre; sette minuti più tardi, Fermi ordinò che si estraesse la barra di un altro piede. Di nuovo aumentarono i battiti dei contatori e l'indice del diagramma puntò verso l'alto; ma il ticchettio era irregolare. Presto si arrestò al nuovo livello e così fece anche la linea tracciata dall'indice; la pila non si autososteneva ancora. Alle 11 la barra fu estratta per altri sei pollici; il risultato fu identico: un aumento di velocità, seguito da un arresto al nuovo livello raggiunto. Quindici minuti più tardi, la barra fu ulteriormente ritirata e alle 11 e 25 fu mossa di nuovo. Ogni volta che nei contatori aumentava la velocità del ticchettio, l'indice saliva di pochi punti. Fermi prevedeva correttamente ogni movimento degli indicatori; sapeva che il momento era vicino. Egli volle di nuovo controllare tutto, indi la barra automatica di controllo fu inserita nuovamente, senza aspettare che agisse il dispositivo automatico. La linea del grafico cadde, i contatori rallentarono all'improvviso. Alle 11 e 35 circa la barra automatica di controllo venne estratta e fissata. La barra di controllo fu regolata e "zip" estratta. I contatori salirono con ticchettio rapido, sempre più rapido: era come il ritmo veloce di un treno sui binari; l'indice del diagramma cominciò a salire; il piccolo gruppo guardava ed aspettava, teso, affascinato dall'indice che continuava a salire. Poi, all'improvviso, l'incantesimo fu rotto come da uno scroscio di tuono. Tutti ne rimasero agghiacciati e respirarono poi di sollievo, quando capirono che la barra automatica era scattata: il punto di sicurezza a cui la barra operava automaticamente era stato posto troppo in basso. "Ho fame" disse Fermi "andiamo a mangiare".

Forse, come un grande allenatore, anche Fermi sapeva quando i suoi uomini avevano bisogno di riposo. Fu un'interruzione del lavoro diversa dal solito; la conversazione non fu brillante; i presenti evitarono di parlare della posta in gioco. Fermi, sempre poco loquace, aveva da dire ancora meno del solito, ma appariva profondamente fiducioso. Il suo gruppo ritornò nel cortile alle 14. Venti minuti più tardi, la barra automatica fu nuovamente sistemata e Weil si tenne pronto alla barra di controllo. "Pronti, George" disse Fermi e Weil portò la barra al punto determinato. Gli spettatori ripresero a guardare ed aspettare; guardare il movimento dei contatori e il diagramma, aspettare il risultato, calcolare, in base agli indicatori, l'aumento della velocità della reazione. Alle 14:50 la barra di controllo fu estratta di un altro piede; i contatori scoppiarono quasi e l'indice del grafico uscì dalla carta. Ma la meta agognata non era ancora raggiunta; i rapporti del conteggio e la scala del grafico dovettero essere cambiati. "Tirala fuori di sei pollici" disse Fermi alle 15:20. Di nuovo si verificò il cambiamento di velocità a cui successe il livellamento.

Cinque minuti più tardi, alle 15:25, Fermi ordinò: "Tirala fuori di un altro piede". Weil ritirò la barra. "Questa volta ce la fa", disse Fermi a Compton che gli era accanto. "Ora si sosterrà da sola; la linea salirà e continuerà a salire; non si livellerà più". Fermi misurò la velocità dell'aumento dei neutroni per la durata di un minuto e, scuro in volto, prese a fare silenziosamente altri calcoli sul regolo. Un minuto dopo calcolò di nuovo la velocità. Se la velocità era costante e rimaneva tale, significava che la reazione si sosteneva da sola; le sue dita manovrarono il regolo con la velocità del lampo; in maniera caratteristica, capovolse il regolo e annotò alcune cifre sul dorso d'avorio; tre minuti dopo calcolò nuovamente la velocità di aumento nel conteggio dei neutroni, Il gruppo sul balcone si era ora raccolto per poter vedere gli strumenti; quelli di dietro allungavano il collo per essere sicuri di non perdere il momento preciso in cui si faceva la storia. Dal fondo si sentiva William Overbeck che faceva il conteggio dei neutroni attraverso un sistema di segnalazione. Leona Marshall (la sola donna presente), Anderson e William Sturm registravano le letture degli strumenti. Da quel momento il ticchettio dei contatori si fece troppo veloce per l'orecchio umano; era come un ronzio costante. Fermi, impassibile, tranquillo, continuava a fare i suoi calcoli.

"Non potevo vedere gli strumenti" disse Weil "dovevo guardare costantemente Fermi, in attesa di ordini, il suo volto era immobile, gli occhi correvano veloci da un quadrante all'altro; la sua espressione era tanto calma da parere dura. Ma all'improvviso tutto il suo viso si illuminò in un aperto sorriso"; egli chiuse il regolo... "La reazione si sostiene da sola" annunciò tranquillamente, gioiosamente; "la curva è esponenziale". Il gruppo stette ad osservare intensamente per ventotto minuti: il primo reattore nucleare del mondo era entrato in funzione. Il movimento dell'indice verso l'alto tracciava una linea sottile sul diagramma; non vi era cambiamento che indicasse un livellamento. L'esperimento era riuscito. "OK, dentro zip" disse Fermi a Zinn che controllava quella barra. Erano e 15:53. Bruscamente, i contatori rallentarono, l'ago scivolò giù attraverso la carta. Tutto era finito. L'uomo aveva provocato una reazione a catena autosostenentesi e l'aveva arrestata; egli aveva liberato l'energia del nucleo dell'atomo ed aveva controllato quell'energia.

Subito dopo che Fermi ebbe dato ordine di fermare il reattore, il fisico teorico di nascita ungherese Eugene Wigner gli venne vicino con un fiasco di Chianti; durante tutto l'esperimento Wigner aveva tenuto il fiasco nascosto dietro la schiena. Fermi sturò il fiasco e fece portare dei bicchieri di carta, così che tutti potessero bere; versò un po' di vino nei bicchieri e in silenzio, solennemente, senza brindisi, gli scienziati portarono il bicchiere alle labbra; erano il canadese Zinn, gli ungheresi Szilard e Wigner, l'italiano Fermi, gli americani Compton, Anderson, Hilberry e una ventina di altri. Bevvero al successo e alla speranza di essere stati i primi a riuscire. Un piccolo gruppo fu lasciato a rimettere a posto ogni cosa, a bloccare i comandi, a controllare tutti gli apparecchi. Mentre il gruppo degli scienziati stava per lasciare il settore occidentale, una delle guardie chiese a Zinn: "Che cosa sta succedendo Dottore? E avvenuto qualcosa là dentro?"

La guardia non aveva sentito il messaggio che Arthur Compton aveva trasmesso con una telefonata interurbana a James B. Conant ad Harvard. Il loro codice non era stato stabilito in precedenza. "Il navigatore italiano è sbarcato nel Nuovo Mondo" disse Compton. "Come si sono comportati gli indigeni?" chiese Conant. "Molto amichevolmente".

 
  • immagini

    • Il primo dei disegni del resoconto di Allardice e Trapnell. Fu realizzato da Melvin A. Miller

    • Descrizione pittorica dell'esperimento del 2 dicembre 1942 realizzata da Gary Sheanan nel 1957. (Historical Society)

    • Questa è l'unica fotografia che sia stata scattata alla CP-1. Mostra la pila in fase di assemblaggio: si tratta del 19° strato di mattoni di grafite contenenti sfere di uranio. Complessivamente la pila era composta di 55 strati.

    • I partecipanti alla costruzione della pila. Fermi è in basso a sinistra