Formazione dei Sistemi Planetari

La conoscenza dei sistemi planetari extrasolari è ancora assai incompleta. La base principale di comprensione è ancora quella fondata sul nostro Sistema Solare. Le stime attuali indicano che le stelle con possibili sistemi planetari sono circa tra il 3 e il 6%.

Descrizione del Sistema Solare

Il Sistema solare è formato dal Sole, da pianeti divisi in due grandi gruppi e da satelliti attorno alla maggior parte dei pianeti. Alcuni dei satelliti sono regolari, suggerendo una relazione sistematica con il pianeta compagno, ma altri sono irregolari e possono essere stati catturati dopo la formazione del sistema. Ciò suggerisce le seguenti caratteristiche:
- 1. esistenza del Sole e dei pianeti in orbite quasi complanari
- 2. satelliti regolari per la maggior parte dei pianeti
- 3. i pianeti sono divisi in due gruppi
- 4. l'esistenza di satelliti non regolari per i pianeti maggiori e Marte
- 5. il legame Terra-Luna

Problema della distribuzione del momento angolare

Quando Galileo osservò il sistema dei satelliti di Giove pensò che fosse una versione su piccola scala del Sistema Solare. Vi sono però importanti differenze nei due tipi di sistema per quanto riguarda la distribuzione del momento angolare. Il sole contiene il 99,86% della massa del sistema solare ma solo lo 0,5% del momento angolare nella sua rotazione, mentre la parte rimanente è distribuita nelle orbite planetarie. L'asse di rotazione del Sole è inoltre inclinato di 7° rispetto alla normale al piano medio del sistema. Questo valore è troppo piccolo.

Teoria sulla formazione del Sistema Solare

Teoria nebulare di Laplace

formazioneNel 1796 Pierre Laplace (1749-1827) introdusse la prima teoria scientifica sull'origine del sistema solare. Si suppone l'esistenza iniziale di una nube sferica in lenta rotazione, composta di gas e polveri con una densità molto bassa. Tale nube inizia a collassare lentamente per auto gravitazione. Collassando, conserva il suo momento angolare, ruota più rapidamente e si schiaccia lungo l'asse di rotazione. Infine la nube assume una forma lenticolare e il materiale ai bordi si dispone su un'orbita libera attorno al centro di massa. In seguito, col procedere del collasso, il materiale si allontana nel piano equatoriale. Laplace suppone che questo avvenga in modo intermittente così che il materiale forma un insieme di anelli, dentro i quali si formano dei corpi più piccoli che si uniscono. Il risultato finale è un pianeta in ogni anello. Una versione in formato ridotto dello stesso processo forma i satelliti. La parte centrale della nube forma infine il Sole.

Teoria delle maree di Jeans

Nel 1917 James Jeans (1877-1946) propose una teoria dualistica che separava la formazione del Sole da quella dei jeanspianeti. Questa teoria richiede una interazione mareale tra il Sole e una stella molto massiva. Il meccanismo è illustrato in figura. La stella massiva, in un passaggio ravvicinato, genera un moto di marea sul Sole strappando da esso materia sotto forma di filamento. Questo filamento è gravitazionalmente instabile e si divide in una serie di bolle che hanno una massa maggiore di quella critica, calcolata da Jeans, e si condensano per formare pianeti. Questi poi sotto l'attratti dalla stella massiva in allontanamento e cadono nell'orbita del Sole.

La teoria della nube solare

Nel 1960 si comprese che molte caratteristiche delle meteoriti si potevano spiegare mediante condensazione di vapori di silicio. Ciò stimolò, nei primi anni del decennio 1970-80, un ritorno all'idea nebulare con la Teoria della Nube Solare, sebbene l'idea della condensazione da una nube calda fosse stata abbandonata.

Si pensava che un nuovo approccio potesse risolvere i problemi connessi al modello originale di Laplace. In seguito la teoria fu supportata da osservazioni di dischi di polvere attorno a giovani stelle. Sebbene dischi a bassa temperatura siano radiatori inefficienti di energia per unità di area, essi sono così grandi che possono incrementare in modo considerevole la zona dell'infrarosso dello spettro stellare. Osservazioni di giovani stelle hanno pure mostrato che il tempo di vita dei dischi è minore ai 10 milioni di anni.
Nel 1974 Lynden-Bell e Pringle proposero un meccanismo di trasferimento del momento angolare dal nucleo al disco di una nube collassante. Se la nube fosse turbolenta allora si dovrebbe generare calore che verrebbe irradiato. Pertanto la nube evolverebbe in modo che la sua energia divenga minore lasciando costante il momento angolare. Questo avviene per il materiale più interno che si muove verso l'interno mentre la materia più esterna si muove verso l'esterno. Ciò equivale a uno spostamento verso l'esterno del momento angolare.
Il meccanismo porta gradualmente a un moto a spirale della materia per unirsi al nucleo centrale; all'istante del congiungimento il nucleo è in orbita libera attorno alla massa centrale. Poiché la gravità è neutralizzata dalla rotazione della materia, un tale meccanismo produrrà un oggetto diffuso con molto più momento angolare di quello osservato nelle normali stelle di sequenza principale.

La formazione dei pianeti

Si propongono quattro fasi nel processo di formazione dei pianeti dal disco di materia:

  1. la componente in polvere del disco si sposta nel piano medio;
  2. planetesimi, oggetti solidi di dimensioni da qualche centinaia di metri a pochi chilometri, sono prodotti dal disco di polvere
  3. I planetesimi si uniscono per formare pianeti terrestri e i nuclei dei pianeti maggiori
  4. i nuclei dei pianeti maggiori acquistano inviluppi gassosi dalla componente gassosa del disco
(dal testo di M. Cole e G. Woolfson: Planetary Science)