Testi in Libertà

Gen. Luigi Capello

(Intra 1859 – Roma 1941), venne avviato alla carriera militare, mostrando nel contempo una vastità di interessi poco comune negli ambienti militari del tempo. I suoi articoli di critica militare gli valsero un trasferimento punitivo a Cuneo, anche se la sua carriera non ne fu compromessa. Con l'intervento italiano, nel 1915 il C., fu promosso tenente generale, e destinato al comando del VI corpo d'armata che fronteggiava la testa di ponte austro-ungarica di Gorizia, che poi conquistò. La popolarità di questo successo lo mise in urto con Cadorna che lo rimosse dal comando del VI richiamandolo poi però sul fronte dell'Isonzo. Nella battaglia della Bainsizza, chiese di estendere l'offensiva anche alla testa di ponte austroungarica di Tolmino, che però fallì questo secondo obiettivo. Comandante duro ed energico verso i suoi ufficiali, ma capace di suscitare entusiasmo e dedizione in quanti lo avvicinavano, non trascurava l'addestramento delle truppe e la loro preparazione morale, ma le sottoponeva senza esitazione a sforzi sanguinosissimi. Il comando della 2ª armata divenne un punto d'incontro di uomini politici e di intellettuali interventisti, quasi in contrapposizione al grigio e ufficiale Comando Supremo. Il ttobre, nell'imminenza dell'offensiva austro-tedesca, riassunse anche formalmente il comando, della 2ªarmata, anche se in precarie condizioni di salute. L'indomani mattina si scatenò l'attacco nemico che, contenuto sul fronte del IV corpo, sfondò le posizioni del XXVII corpo e raggiunse rapidamente Caporetto, prendendo a rovescio l'estrema sinistra della 2ª armata. Il 26 novembre del 1917, rimessosi in salute, venne destinato al comando della nuova 5ª armata, in corso di costituzione nelle retrovie con le unità più provate nella rotta e gli sbandati che rientravano ai reparti, ma l’8 febbraio fu privato del comando e posto a disposizione della Commissione d'inchiesta nominata sulle cause della rotta di Caporetto; respinse le accuse stendendo una documentata memoria difensiva, L'atteggiamento critico verso gli ambienti militari e politici dominanti e la profonda fede nella necessità di un rinnovamento della vita italiana, di cui fossero protagonisti gli ex combattenti, spinsero il C. ad aderire al fascismo già nel 1920, anche se non ebbe responsabilità o cariche nel partito Il delitto Matteotti, lo strangolamento delle libertà politiche e l'inasprirsi dell'offensiva fascista contro la massoneria portarono gradualmente il C. ad una opposizione sempre più ferma. Anche in questo rifiutò mezzi termini e nei primi mesi del 1925 si adoperò insieme con l'esponente socialdemocratico Tito Zaniboni per la creazione di una rete insurrezionale antifascista, denominata "Pace e libertà" e inizialmente sostenuta dalla massoneria. Si convinse però presto della mancanza di basi dell'impresa e si trasse in disparte. Fu arrestato e accusato di complicità nella preparazione dell'attentato a Mussolini, senza che nulla di concreto potesse essere provato a suo carico. All'inizio del 1936 fu rimesso in libertà con un provvedimento di fatto, benché la condanna continuasse ad essere formalmente in vigore.