ANNO 1934

 

Radioattività indotta dal bombardamento di neutroni

 

I primi grossi lavori sperimentali di Fermi furono realizzati nel campo della fisica nucleare.

Nel mese di gennaio del 1934 Irène Curie e Frédéric Joliot annunciano la scoperta di nuovi radioisotopi ottenuti artificialmente bombardando i nuclei di elementi leggeri con particelle a.

Fermi intuisce immediatamente che i neutroni possono essere validamente utilizzati come proiettili per indurre la radioattività artificiale: essendo privi di carica non sono soggetti alla repulsione coulombiana esercitata dai nuclei bersaglio.

Fu subito presentata la potenzialità di un loro utilizzo nell'ambito delle diagnosi mediche.

Nel marzo del 34 cominciò a bombardare sistematicamente con neutroni praticamente tutti gli elementi di cui poteva disporre.

Dopo una serie di tentativi infruttuosi fatti con la sorgente di polonio-berillio, Fermi inizia a bombardare in modo sistematico gli elementi del sistema periodico di numero atomico crescente utilizzando una sorgente neutronica più intensa costituita da radon e berillio.

Sorgenti di questo tipo erano fornite da Giulio Cesare Trabacchi, dell’Istituto di Sanità (proprio per questo soprannominato dai membri del gruppo "La divina Provvidenza").

I primi risultati vengono ottenuti irradiando il fluoro e l'alluminio.

Ne nasce subito un primo articolo "Radioattività indotta da bombardamento dei neutroni" (25 marzo 1934) pubblicato sulla rivista del CNR, la "Ricerca Scientifica", che si trasformò, grazie a Fermi, da assolutamente sconosciuta a pubblicazione di valore internazionale.

Questo è il primo di una lunga serie di articoli.

Fermi partecipò sempre in prima persona al lavoro sperimentale, anche perché rifiutava tenacemente ogni carica amministrativa, anche se non fu mai il capo del laboratorio.

Per procedere più rapidamente Fermi chiede ad Amaldi e Segrè di lavorare con lui. Rasetti è richiamato dal Marocco e il chimico Oscar D’Agostino, appena tornato per le vacanze di Pasqua dal laboratorio dei Joliot-Curie è sollecitato a unirsi al gruppo.

In poco tempo vengono irradiati con neutroni una sessantina di elementi e in almeno quaranta di questi vengono scoperti, e spesso identificati, nuovi elementi radioattivi.

I risultati ottenuti dal gruppo dei "ragazzi di via Panisperna" dimostrano tutti i vantaggi del lavoro di équipe, introdotto per la prima volta proprio a Roma.

Nel procedere con il bombardamento sistematico, Fermi e il suo gruppo, all’inizio dell’estate, arrivano a irradiare il torio (numero atomico 90) e l’uranio (numero atomico 92), ma la naturale attività di questi elementi ostacola l’identificazione dei nuovi radionuclidi artificiali ottenuti.

Il gruppo è convinto di avere prodotto e identificato due elementi transuranici che vengono battezzati "esperio" e "ausonio" e accantona la possibilità che il nucleo di Uranio possa scindersi in "molti grandi pezzi" ciascuno dei quali può essere un isotopo di elementi noti ma lontani dall’uranio e dal torio nella tavola periodica.

Questa ipotesi, esplicitamente avanzata dalla chimica tedesca Ida Noddack in un suo articolo del 1934 regolarmente inviato a Fermi, implica un tipo di reazione nucleare completamente nuovo e viene rapidamente accantonata.

Fermi fu molto amareggiato dalla rumorosa pubblicazione sui giornali (contro la sua volontà) dei risultati di quel lavoro, che si rivelarono poi errati. (il suo articolo era infatti assai più prudente).

Nell’autunno del 1934 Fermi assegna ad Amaldi e Pontecorvo, appena laureato, il compito di stabilire una scala quantitativa delle attività indotte negli elementi bombardati. I due si trovano subito di fronte a una serie di problemi perché l’intensità della radioattività ottenuta sembra dipendere dal materiale su cui vengono posti la sorgente e l’elemento da irradiare.

Per chiarire il mistero vengono eseguite osservazioni sistematiche a partire dal 18 ottobre, in particolare Amaldi effettua una serie di misure all’esterno e all’interno di una sorta di casetta di piombo le cui pareti hanno 5 cm di spessore che serve da schermo per le radiazioni. I risultati mostrano chiaramente che, mentre all’esterno la capacità di attivazione decresce rapidamente con l’aumento della distanza fra sorgente ed elemento irradiato, all’interno la diminuzione è molto più lenta.

A questo punto, per misurare l’assorbimento del piombo viene preparato un cuneo di questo materiale da inserire tra la sorgente di neutroni e il rivelatore con l’idea di confrontarne l’assorbimento rispetto a un mattoncino di piombo dello stesso spessore.

La mattina del 22 ottobre i membri del gruppo sono impegnati con gli esami e Fermi decide di procedere da solo per risolvere l’"enigma del piombo". In quel momento soltanto Persico, in visita da Firenze, si trova con lui ed è lui stesso ad annotare le misure fatte da Fermi.

Anni dopo Fermi racconterà a Subrahmanyan Chandrasekhar che al momento di collocare il cuneo di piombo, senza alcun particolare motivo, aveva deciso di mettere al suo posto un pezzo di paraffina.

La sera stessa il gruppo scrive una lettera per la "Ricerca Scientifica" Azione di sostanze idrogenate sulla radioattività provocata dai neutroni-1 in cui annuncia la sensazionale scoperta: "Uno spessore di alcuni centimetri di paraffina interposto fra la sorgente e l’argento invece di diminuire l’attivazione la aumenta".

I neutroni rallentati fino all’energia dell’agitazione termica delle molecole dalle collisioni con nuclei di idrogeno passano più tempo nelle vicinanze dei nuclei bersaglio diventando più efficaci nell’indurre la radioattività artificiale.

Per tale scoperta Fermi riceverà più tardi il Premio Nobel per la Fisica.

 
  • immagini

    • Enrico Fermi

    • I famosi ragazzi di Via Panisperna: D'Agostino, Segrè, Amaldi, Rasetti, Fermi

    • Fermi nel laboratorio di via Panisperna a Roma

    • La sorgente di neutroni usata dal gruppo di Fermi

    • La paraffina utilizzata per il rallentamento dei neutroni