ANNO 1938

A ROMA E CONFERENZE ALL'ESTERO

 

All'inizio del 1938 Fermi lasciò l'appartamento di via Belluno e si trasferì, anche se solo per dieci mesi, occupandone uno più spazioso in via Magalotti, vicino a Villa Borghese.

La mattina presto del 10 novembre 1938 fu avvisato per telefono che sarebbe stato chiamato verso sera da Stoccolma.

Il Premio Nobel era nell'aria e Fermi passò la giornata di attesa con la moglie senza recarsi, come di consueto, all'Istituto.

Ricevuta la notizia Fermi portò a termine i preparativi finali per lasciare l'Italia già da tempo programmati. Tali piani garantivano sia la sicurezza familiare, dopo l'emanazione delle leggi razziali che avrebbero potuto coinvolgere la moglie e il crescere delle probabilità di guerra, sia la necessità di poter lavorare sempre ai massimi livelli, come il suo ruolo e le sue capacità scientifiche esigevano.

Nell'estate del 1938 Fermi inviò, all'insaputa delle autorità, quattro lettere a quattro Università americane, che in breve tempo fruttarono cinque offerte di posti di lavoro. Il 22 ottobre, a Copenaghen per un congresso, scrisse, senza il timore della censura fascista, una lettera al prof. Pegram della Columbia a New York, manifestando la volontà di lasciare l'Italia, e accettando l'incarico offertogli.

Nel chiedere i passaporti dichiarò di recarsi presso tale università per tenervi un corso di sei mesi.

Anche tra i suoi collaboratori solo e conoscevano le sue intenzioni.

Fermi partì in treno il 6 dicembre 1938 da Roma con l'intera famiglia e dopo due giorni di viaggio raggiunse Stoccolma.

Dopo aver ricevuto il Premio dalle mani del re Gustavo V, Fermi partì definitivamente per gli Stati Uniti il 24 dicembre sul traghetto Franconia, tagliando tutti i ponti con il vecchio mondo.

Nei giorni successivi all'annuncio dell'assegnazione del Nobel parte della stampa italiana ne diede notizia in forma estremamente breve. Trapelava però qualche velata preoccupazione per l'imperfezione razziale della famiglia Fermi. Le critiche divennero più esplicite e dure per il fatto che durante la cerimonia di consegna Fermi aveva stretto la mano al re di Svezia senza fare il saluto fascista e inoltre perché indossava il frac invece dell'uniforme fascista.

Ecco il momento con le parole di Amaldi: "[...] sapevo che quella sera si chiudeva definitivamente un periodo, brevissimo, della storia della cultura in Italia che avrebbe potuto estendersi e svilupparsi forse avere una influenza più ampia sull'ambiente universitario e, con il passare degli anni, magari anche sull'intero paese. Il nostro piccolo mondo era stato sconvolto, anzi quasi distrutto, da forze e circostanze completamente estranee al nostro campo d'azione. Un osservatore attento avrebbe potuto dirci che era stato ingenuo pensare di costruire un edificio così fragile sulle pendici di un vulcano che mostrava così chiari segni di attività. Ma su quelle pendici eravamo nati e cresciuti e avevamo sempre pensato che quello che facevamo fosse molto più durevole della fase politica che il paese stava attraversando".

 

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Filmato su guerra e leggi razziali (fonte ENEA)

 

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    • Enrico Fermi

    • Fermi riceve il Premio Nobel

    • La famiglia Fermi in versione emigranti